Gabriele Torsello è stato liberato «Sto bene, sto bene. Vi amo tutti»




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«Parli del bambino» è la frase in codice

ROMA — È il messaggio di ritorno, la frase in codice che sblocca la trattativa. Ma è soprattutto la verifica sulla credibilità dei mediatori. Le parole pronunciate al telefono da Gabriele Torsello sono la prova in vita che la diplomazia e il Sismi avevano chiesto per sbloccare il negoziato. «Deve parlare di suo figlio », avevano detto i rappresentanti del governo italiano agli emissari della banda. E ieri hanno ottenuto la risposta. Il reporter catturato il 12 ottobre in Afghanistan ha chiesto del suo bambino, ha detto di portarlo dalla nonna. E così ha fornito l’indizio per far entrare il negoziato in una fase che appare decisiva.

Aiuti umanitari, che vuol dire riscatto in denaro. È questa la contropartita che l’Italia è disposta a concedere per ottenere il rilascio del reporter. E su questo potrebbe essere presto raggiunto l’accordo. Perché la situazione nell’area a sud dell’Afghanistan è diventata con il trascorrere delle ore sempre più critica e anche la banda avrebbe mostrato la disponibilità a chiudere in fretta la partita. La gestione di un ostaggio non è facile in una zona dove ci si muove con il rischio di trovarsi sotto i bombardamenti, proprio come è accaduto la scorsa settimana. E in questo caso la situazione sarebbe resa ancor più difficile dalla composizione del gruppo: criminali comuni che non hanno la capacità operativa per tenere in sicurezza il prigioniero. L’ipotesi che siano guidati da un livello politico non è stata esclusa. Ma sostanzialmente si tratta di banditi e dunque sono i soldi a poter fare la differenza.
Nelle rivendicazioni i rapitori hanno detto di appartenere a un «Gruppo armato islamico indipendente» e di «combattere contro le truppe straniere», ma questo non è bastato a dare fondamento alle condizioni poste inizialmente. Avevano chiesto il rimpatrio dell’ «apostata» Abdul Rahman e il ritiro del contingente militare. Ma quando il governo ha definito inaccettabili le richieste, hanno chiamato nuovamente e hanno affidato allo stesso Torsello un comunicato in cui si parlava, sia pur in maniera confusa, di un riscatto.
In quel caso il messaggio di risposta fu pronunciato dal ministro degli Esteri Massimo D’Alema che di fronte alle telecamere affermò:


«Noi siamo pronti e disponibili a fare tutto ciò che è ragionevole per salvare
una vita umana e per liberare un nostro connazionale. Non possiamo che
rilanciare un appello perché possa aprirsi un dialogo ragionevole».



Era il via libera alla mediazione che in quelle zone passa necessariamente per i capitribù.
Inizialmente ci si era affidati alle forze di polizia e di intelligence afghane. Poi la gestione della vicenda è passata nelle mani dei funzionari del governo italiano: diplomatici e 007 del Sismi coordinati dall’ambasciatore a Kabul hanno cercato un contatto diretto. E hanno potuto contare anche sull’appoggio di Emergency, l’organizzazione umanitaria di Gino Strada che nella zona di Lashkargah — proprio quella dove Torsello è stato catturato mentre era sulla strada di ritorno verso Kabul — gestisce il suo ospedale ed è l’unica presenza civile occidentale. È stato il direttore della struttura sanitaria a ricevere le telefonate del reporter e quelle dei suoi rapitori che dettavano le condizioni per il rilascio.

Determinante potrebbe essere stato anche il ruolo assunto dai talebani che hanno smentito pubblicamente di aver catturato Torsello e hanno rivolto un appello ai sequestratori definiti «ladri, interessati soltanto ai soldi». In questo modo la banda ha capito di non poter contare sull’appoggio dei fondamentalisti. I sette giorni di silenzio sono serviti probabilmente ad alzare il prezzo del riscatto. Ieri, con il messaggio in codice pronunciato dallo stesso reporter il negoziato sembra essere entrato nella fase conclusiva.

°Fonte Il Corriere, articolo di Fiorenza Sarzanini, foto di PeaceReporter.it

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Mi domando quanto sia "coerente", per una Nazione che combatte il Terrorismo Islamico e i Talebani, ogni giorno, pagare dei terroristi o pseudotali o criminali comunque, soldi. Tanti soldi. Per liberare un giornalista. Mi domando cosa risolviamo?

Bisogna scegliere o si fa una politica estera con le palle e non si cede mai, o se si cede si molla tutto e si sta a guardare da bravo Paese neutrale e menefreghista.

Se poi ci aggiungo che questo rapimento mi puzza si stelle e strisce, la mia domanda si fa ancor più forte.

Sarò nazista, sarò complottista, sarò quel cavolo che vi pare ma è tutta una grande presa per il culo.